FOUR a night with John Cage
Tutti i suoni del silenzio
Pubblicato il 26 maggio 2012 · in alfapiù, musica · 9 Commenti
Paolo Carradori
Una notte per John Cage. Quattro ore, quattro spazi tematici. La Stazione Leopolda è perfetta nel suo taglio architettonico neo classico, austero, urbano, per FOUR. A Night with John Cage, evento di chiusura del Festival Fabbrica Europa 2012.
Cage & Duchamp – Si apre con 4’33” (1952). Mito, feticcio, simbolo. Sostituendo il tempo musicale con il tempo della realtà Cage non solo ci dice che il silenzio puro non esiste, ma soprattutto che i suoni non intenzionali, i rumori casuali e quotidiani del mondo circostante assurgono a valore comunicativo. Tutto ciò che suona è musica. Sorprende allora che, poco dopo che Antoine Alerini si è seduto davanti al pianoforte, dietro il grande drappo che delimita lo spazio si muova un carrello elevatore con tanto di beep beep e lampeggiante giallo. Rumori di cantiere. Poi suona forte un telefono. Il silent piece gioca la sua potenzialità eversiva nella violazione di un codice, di una istituzione, il pianista in questo caso, come nel ruolo del pubblico. Vocio, colpi di tosse, scalpiccio, sedie trascinate, costruiscono la trama sonora. Programmare suoni in 4’33” significa depotenziarlo, negarne la trasgressività, svuotarlo. In Water Music (1952), i cui eventi sono descritti nella lavagna visibile a tutti, Alerini «prepara» il pianoforte inserendo oggetti tra le corde. Usa anche fischietti, contenitori per l’acqua, carte da gioco, una radio. Negando la scrittura come luogo di costruzione del senso musicale Cage usa annotazioni, grafici, tempi e relega alla radio il ruolo di evento non prevedibile. Ne viene fuori un mix spezzettato e nervoso. Il pianista si muove tra la tastiera, poche note appena accennate, e il tavolo degli oggetti, in un gioco dell’assurdo che crea tensione e sorprese sonore.
Meno coinvolgente Suite for Toy Piano (1948). Divertissement in cinque movimenti che nei limiti tonali della mini-tastiera trova comunque sviluppi ritmico/metrici ripetuti ed ironici. Una vera cerimonia invece la preparazione del pianoforte per Music for Marcel Duchamp (1947). Striscie di feltro, di gomma, viti, applicate in posizioni prestabilite tra le corde. Lo strumento ha così un suono stoppato, attutito, niente armonici. Alerini usa solo la parte centrale della tastiera in un percorso cupo, dove il rapporto con lo spazio sonoro diviene decisivo per i possibili sviluppi comunicativi.
Cage & Voices – Nello Spazio Alcatraz si gode la fase più fascinosa dell’intero evento. Un turbinio travolgente di soluzioni sonore. Four2 per coro misto (1990) vede quattro voci alternarsi su quattro fogli di musica che non hanno ordine prestabilito ma solo un frontespizio con le istruzioni. Voci arcaiche, polifonia antica zeppa di contrasti estremi e provocatori dove i talenti dell’Homme Harmé si lanciano senza paracadute negli abissi dell’anarchia cageana. Aria con Fontana Mix (1958): venti pagine di partitura per una performance di durata determinata raggiungibile con percorsi temporali diversi. Un affresco astratto dove parole, consonanti provenienti da tutto il mondo, come uscite da un frullatore, si rincorrono su linee ondulate, smembrate, ridotte a brandelli. Gorgoglii, urla, risate, silenzi, rumori di oggettistica varia che si impastano con l’elettronica in una coerenza insospettabile. Monica Benvenuti ne è l’artefice, con misura, ironia, grande capacità comunicativa e un pizzico di sana follia creativa.
Four Solos for Voice (1989): una ragnatela di suoni, parole casuali per soprano, mezzosoprano, tenore e basso. L’elettronica disturba, arricchisce, dialoga. I quattro si danno le spalle ma costruiscono, sovrapponendosi, allontanandosi, un muro di suoni sublimi: voci strazianti, melodie, canti arabi, sghignazzi, pianti, accenni swing, l’inno americano, Deep Purple. Living Room Music (1940) ha un taglio teatrale. Salotto borghese, sedie, divano, tavolo, bicchieri. Il quartetto vocale si scambia con il quartetto elettronico. La traccia sonora fortemente percussiva, rumoristica, rende ancora più estraniante l’asfissiante ricerca di un ruolo degli otto interpreti mentre dal televisore un agitato maestro concertatore dirige il tutto da un’ improbabile Tele Cage.
Cage & Nam June Paik – Il rapporto suono-immagini è complesso. Dietro il ContempoArtEnsemble scorrono i video ritratti di Paik dedicati a Cage, alternanza tra taglio documentaristico e video arte, elettronica pura. Spruzzi di forme, colori visionari. Collage di materiali provenienti da videografie che vanno dal ’73 al ’92. Documentazione che contestualizzata suscita ammirazione ma risulta anche irrimediabilmente datata. La musica di Cage no. Se Sonata for Clarinet (1933) e Solo for Cello (1957-58) segnalano qualche fragilità – la Sonata è un’opera giovanile ametrica, a tratti seriale, il Solo nel suo stretto rapporto spazio/tempo si affida molto alle scelte esecutive – Five (1988), Six Melodies for Violin and Keyboard (o pianoforte) (1950) e Seven (1988) sono straordinarie perle della filosofia musicale del compositore (?) americano. Nella liberazione del materiale e la diversificazione dei principi di casualità troviamo gli insegnamenti della mistica orientale, strutture ritmiche indefinite, annotazioni di durata impossibili. Eventi sonori che rifiutano di essere codificati, sempre aperti e variabili.
Cage & Numbers – Il quarto tempo. Il quarto spazio. Il finale. Jonathan Faralli è sommerso dalle percussioni. Francesco Giomi è davanti ai suoi marchingegni elettronici. È possibile un dialogo tra i sapori ancestrali, il calore di pelli, legni, metalli e il suono artificiale? 27’10.554” (1956) non da risposta, rimane un’ipotesi. I due si cercano, si trovano, si allontanano, si sovrappongono. Variation IV (1963) ha un taglio completamente aleatorio legato allo spazio della performance. Oggetti diversi in gioco: radioline, televisore (acceso-spento), fischietti, campanelli, petardi, giocattoli. I musicisti escono, tornano, si confondono con il pubblico. Poi il cerchio si chiude: 4’33”. Di nuovo ripartono i rumori di cantiere. I due usano lo spazio temporale scrivendo su cartelli con bombolette spray di un rosso vivace. Espongono infine la scritta: W John Cage 4’ 33”.
Fabbrica Europa 2012
FOUR. A Night With John Cage
Stazione Leopolda Firenze 13 maggio
Produzione: ContempoArtEnsemble, Fabbrica Europa, L’Homme Armé, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Tempo Reale