03Settembre2021
21,15
Auditorium di S. Apollonia, Via S. Gallo 25, Firenze
FloReMus – CONCERTO SERALE: Ensemble Janequin/Mille regretz de vous habandonner
Le chansons di Josquin (I)
JOSQUIN DESPREZ (1450circa – 1521)
Vive le Roy / Quand je vous voy
Du mien amant
Petite camusette a la mort mavez mis
Plus nulz regretz
Allegez moy ma doulce plaisant brunette
Si jay perdu mon amy – instrumental
Mille regretz de vous habandonner
Mille regretz de vous habandonner – instrumental
Faulte d’argent
Regretz sans fin il me fault endurer
El grillo e buon cantore
Douleur me bat
Scaramella va alla guerra
Prélude – Attaingnant instrumental
He lort villain jaloux
Baises moy ma doulce’ amye
Tenez moy en voz bras
Ma bouche rit et mon cueur pleure
Nymphes des bois
Ensemble Clément Janequin
Magali Demora soprano
Dominique Visse controtenore
Olivier Coiffet tenore
Martial Pauliat tenore
Geoffroy Buffière basso
Yoann Moulin clavicembalo
Dominique Visse direzione
Questo concerto è realizzato con il supporto della Fondazione Nuovi Mecenati – Fondazione franco-italiana di sostegno alla creazione contemporanea
Biglietti: Intero € 18 / ridotto € 12
A fronte della riduzione della capienza delle sale e per consentire una migliore organizzazione, è obbligatoria la prenotazione per tutti gli eventi, compresi quelli ad ingresso libero.
Si informa il nostro pubblico che, a partire dal 6 agosto, secondo quanto stabilito dal D.L. 23 luglio 2021 n. 105 relativo a “misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da #COVID19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”, l’accesso agli spazi aperti al pubblico gestiti dall’Associazione L’Homme Armé sarà consentito esclusivamente alle persone munite di Green Pass.
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«Composées par feu de bonne mémoire & très-excellent en musicque Josquin des Prés [Composte dal defunto Josquin des Prés, di venerata memoria, eccellentissimo nella musica]»
Così nel 1545, più di vent’anni dopo la morte del compositore († 1521), il tipografo di Anversa Tylman Susato presenta le 24 chansons del suo Septiesme livre (‘Settimo libro’) da cui proviene gran parte di questo programma. Il grande Josquin è infatti uno dei primi musicisti la cui fama in vita giustifichi le pubblicazioni postume. Appartiene a quella generazione che ha visto apparire le prime stampe musicali (a Venezia nel 1501 con Petrucci): una piccola rivoluzione che amplierà la diffusione e la ricezione della musica scritta e, in particolare, trasformerà la funzione sociale della chanson francese. Josquin vedrà così la sua reputazione trarre beneficio dalla grande diffusione che ebbe la sua musica, ma questa situazione che ha permesso alla sua abbondante opera di pervenirci sia attraverso i manoscritti sia attraverso le stampe antiche moltiplica anche i problemi derivanti dalle attribuzioni divergenti e dubbie e gli interrogativi sulla cronologia e l’autenticità dei componimenti.
Les chansons «a cinque e a sei parti» di questo libro di Susato richiedono in effetti un organico più corposo del semplice quartetto vocale. D’altronde, sono state pubblicate in mezzo a una serie di volumi antologici della stessa fattura, ma i cui titoli precisano che i brani proposti sono «adattissimi all’esecuzione con ogni sorta di strumenti» («convenables et propices à jouer de tous instrumens», Sixiesme livre, 1545) e «adatti tanto alla voce quanto agli strumenti» («convenables tant à la voix comme aux instruments», Huitiesme livre, 1545). Pochi dubbi, dunque, sul fatto che, essendo vicine a queste antologie, rivolte soprattutto agli autori della generazione successiva, allora ancora in vita – Thomas Crecquillon († 1557 c.), Jakob Clemens detto non papa († 1556 c.) o Adrian Willaert († 1562) –, les chansons di Josquin possano adattarsi alla formazione di cui dispone la sala nella quale vengono eseguite: certamente delle voci, ma anche, al bisogno, degli strumenti. Questi possono essere monodici oppure polifonici, come il liuto, la spinetta o l’organo, che sono in grado non solo di raddoppiare le voci o di sostituirvisi, ma anche di rimpiazzarle del tutto con arrangiamenti più o meno ornati. Questa pratica della distribuzione ad libitum delle parti di una canzone o dell’appropriazione strumentale improvvisata delle sue voci è caratteristica del Rinascimento e diede anche origine alla pubblicazione di diverse trascrizioni postume in notazione musicale, come illustra in questo programma la celebre canzone Mille regrets, messa in partitura per tastiera da Attaingnant (Paris, 1533) e in intavolatura per liuto da Hans Neusidler (Nuremberg, 1536). Nelle fonti contemporanee che ci sono pervenute, difatti, il repertorio esplicitamente strumentale è spesso riferito alla chanson; è proprio questo che conferisce a La Bernardina di Josquin, composizione a 3 voci senza parole, il singolare statuto di fantasia ante litteram, contraddistinta da un caratteristico contrappunto imitativo.
Nato nell’Hainaut verso il 1450, Josquin Desprez è il musicista franco-fiammingo più emblematico della generazione a cavallo tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI. Personalità visibilmente forte e unica, ha un talento che i contemporanei apprezzano all’unanimità e appare d’altronde ben conscio del suo valore. Nel 1502 un intermediario (Gian d’Artiganova) sconsiglierà così al Duca di Ferrara di ingaggiarlo con questa motivazione: «è de meglior natura fra li compagni, e farà più spesso cose nove; vero è che Josquin compone meglio, ma fà quando li piace, non quando l’homo volle; e domanda CC ducati de provvisione, e Isaac starà per CXX, sì che la S.V. facia quello che li piace»: una testimonianza ambivalente, che sembra rivelare il temperamento di un artista capace di resistere, in una certa misura, alle costrizioni che lo statuto di compositore imponeva all’epoca (ed Ercole lo scelse lo stesso). Il suo genio si manifesterà nella sintesi che opera fra le dotte strutture musicali ereditate dai predecessori (gusto per l’arte combinatoria e l’elaborazione contrappuntistica, in particolare la scrittura canonica) e una sensibilità nuova per il testo e la sua espressione musicale. Nella sua musica religiosa (messe, mottetti), ma anche nelle sue chansons profane, si può osservare questo interessante passaggio progressivo «dall’astrazione all’espressione» che andrà accentuandosi nel corso del XVI secolo. Come la maggior parte dei suoi contemporanei, la sua carriera lo porta a viaggiare per lavoro: dapprima a Aix-en-Provence, alla cappella del re Renato d’Angiò, poi probabilmente a quella del re di Francia Luigi XI, la cui morte lo porta a cercare un incarico in Italia, a Milano (presso il cardinale Ascanio Sforza), poi a Roma (nella cappella dei papi Innocenzo VIII e Alessandro VI Borgia). All’inizio del Cinquecento la sua presenza è attestata a Blois, poi si trova per un breve periodo a Ferrara presso il duca Ercole d’Este, prima di far ritorno nel suo paese, a Condé-sur-Escaut, dal 1504 e probabilmente fino alla morte nel 1521.
I brani di questo programma presentano principalmente due filoni di composizioni differenti, che hanno tuttavia in comune i numeri previsto per gli organici (5 o 6 voci) e la presenza, nel loro contrappunto, del processo canonico, onnipresente nell’opera del compositore. Il primo è caratterizzato da temi melanconici o elegiaci, come traspare dai loro incipit: Regretz sans fin il me fault endurer (‘Devo sopportare infiniti rimpianti’), Douleur me bat et tristesse m’afole (‘Il dolore mi picchia e la tristezza mi fa a pezzi’) … Tutti associano il lamento alla presenza, all’interno di una densa polifonia contrappuntistica (5 o 6 voci), di un canone usato come matrice, ma difficilmente percepibile dall’ascoltatore esterno.
Il brano Plus nulz regretz è eccezionale in quanto può essere datato con relativa precisione grazie a elementi biografici che consentono di associarlo alla firma del trattato di Calais nel dicembre 1507, celebrato poco dopo nel 1508. Il suo testo, scritto dallo storico della corte di Borgogna Jean Lemaire de Belges, e le numerose fonti musicali che lo tramandano conferiscono a questo brano un’importanza particolare. Il trattato in questione segue di qualche mese il momento in cui Margherita d’Asburgo, giovane vedova in lutto dal 1504 e che ha particolarmente caro il tema del rimpianto, diventa reggente dei Paesi Bassi. In questo genere si inserisce anche la famosa canzone Mille regretz sopra menzionata, che fu secondo il liutista Narvaez «la cancion del Emperador» Carlo Quinto, esprimendo al meglio la tristezza della separazione per mezzo del modo frigio (mi), e distinguendosi per un nuovo tipo di lettura musicale del testo. La lunga canzone Du mien amant le despart m’est si grief illustra l’associazione del canone con le forme fisse (in questo caso il virelai) ereditate dal secolo precedente.
Il secondo gruppo si può considerare caratterizzato dalla vena «popolare» percepibile nei testi brevi o in alcune delle melodie citate. Tuttavia, la trama polifonica non è più semplice: organici di 5 o 6 voci e scrittura canonica caratterizzano queste chansons nelle quali Josquin sembra rifarsi a un repertorio orale. Il testo di Allegez moy doulce plaisant brunette presenta un verso-refrain («dessoubz la boudinette», ovvero sotto l’ombelico) il cui significato sbarazzino ne ha assicurato la popolarità, come testimoniano Jean Molinet, Noël Du Fail, Clément Marot o Ronsard. Petite camusette (titolo che incontriamo, come Ma bouche rit, in Johannes Ockeghem, del quale Josquin potrebbe essere stato allievo) evoca Robin e Marion, antichi personaggi teatrali messi in scena dal XIII secolo nel Jeu de Robin et Marion di Adam de La Halle. Fanno parte di questo gruppo anche Scaramella e El Grillo, i cui testi italiani ricordano il carattere cosmopolita della vita intellettuale del Rinascimento.
La figura di Faulte d’argent (‘Mancanza di soldi’), formula proverbiale attestata in François Villon nel XV secolo, che in Rabelais designa un’imminente epidemia, ma che si riferisce al contempo a un personaggio da farsa (allegoria della povertà), fa ugualmente parte dell’universo dei teatrini ambulanti e riprende una melodia dal profilo semplice e facilmente memorizzabile. In Baises moy, ma doulce amye un giovane dialoga con una ragazza troppo assennata che rifiuta di «fare la follia» per non contrariare sua madre; una trama musicale fornita a 6 voci e il processo del canone prevalgono tuttavia qui sull’enfasi musicale di questo dialogo.
Infine, un ultimo gruppo è costituito da brani eccezionali: una canzone-mottetto di Josquin et due mottetti neo-latini di compositori della generazione successiva che hanno in comune lo scopo di rendergli omaggio.
La déploration sur la mort de Jehan de Ockeghem († 1497) è una canzone-mottetto che unisce il mondo della corte e quello della Chiesa. All’interno del poema di Molinet (Nymphes des bois) Josquin fa cantare al tenore l’introito della Messa dei Morti (Requiem aeternam), ma con la melodia abbassata di un semitono, per inserirsi nel modo di mi (frigio), così tipico del lamento; possiamo vedervi un’eco all’ingiunzione del poema: «Changez vos voix fort claires et haultaines» (‘Mutatevi, o voci forti, chiare e acute’). Nell’elenco dei musicisti in lutto della sezione finale, Josquin, Brumel, Pirchon [Pierre de La Rue], Compère, lui si colloca al primo posto tra gli eredi di questo maestro del contrappunto.
(Da Isabelle His)